| Galeotta fu la virgola
Fondamentale per orientarsi nella navigazione, la bussola, secondo lo storico Flavio Biondo, fu ideata ad Amalfi. Ma chi riportò la notizia fece un clamoroso errore di traduzione. E ne affidò la paternità a un personaggio mai esistito
di Chiara Frugoni
|
|
Antica bussola, conservata al Museo Navale di Genova-Pegli |
Nel Medioevo il trasporto via terra, a piedi o col cavallo, era molto lento e appena possibile si preferiva viaggiare sull’acqua.
In Italia si erano in gran parte conservati i tracciati delle belle strade romane dell’antichità, ma non dobbiamo troppo illuderci sullo stato del fondo stradale: buche, pozzanghere, tratti sconnessi non rendevano agevole il percorso dei carri. L’esame dell’affresco del Buongoverno di Ambrogio Lorenzetti (1338-39) nel Palazzo Pubblico di Siena, che tanto esalta il fervore della vita in campagna e in città, permette di constatare l’assenza totale della ruota! Non c’è un carro, si cammina a piedi, seguendo le carovane di muli carichi di balle di lana. Un’osservazione che consente di dare un contorno più preciso allo scorrere della vita quotidiana, ai suoi ritmi, al paesaggio fisico e mentale degli uomini del Medioevo.
|
|
Miniatura tratta dal "Tacuinum Sanitatis" Vienna, Österreichische Nationalbibliothek |
Andar per mare
Dunque, per viaggiare su lunghe distanze si preferiva la nave.
Per orientarsi nella navigazione c’era la bussola. Ne parla il domenicano Giordano da Pisa agli inizi del Trecento: «Dico prima che la fede ti dirizza a modo della stella, che dirizza i navigatori, che guatando il segno, si dirizzano con quella, onde ella è la calamita. La calamita pare una vile pietra; ma essa è carissima, e sarebbe meglio che si perdesse la pietra dallo smeraldo, che quella: tanto è utile e necessaria; che sanza la calamita non si potrebbe fare; ella dirizza e mostra diritto il segno». Anche Dante ha presente l’ago calamitato che si volge verso la stella polare: «Del cor dell’una delle luci nove / si mosse voce, che l’ago a la stella / parer mi fece in volgermi al suo dove» (Paradiso, XII,29), e Giovanni da Buti, commentando questi versi intorno al 1390, spiega: «Anno li naviganti uno bussolo che nel mezzo è impernato una rotella di carta leggeri, la quale gira sul detto perno; e la detta rotella ha molte punte, et ad una di quelle che vi è dipinta una stella, è fitta una punta d’ago; la quale punta li naviganti quando vogliono vedere dove sia tramontana, imbriacano colla calamita». Bossolo e bussola derivano da buxus (bosso) e da buxula (cassetta).
|
|
Altro esemplare di bussola antica, conservata al Museo Navale di Genova-Pegli |
Flavio Gioia
La bussola era originariamente una piccola scatola di legno di bosso. Furono i marinai della città di Amalfi, fra il 1100 e il 1200, a diffonderla nel Mediterraneo nei loro viaggi verso la Siria e l’Egitto, durante le crociate.
Lo storico Flavio Biondo, verso la metà del XV secolo, aveva parlato della bussola inventata e perfezionata dagli Amalfitani. Il filologo bolognese Giambattista Pio nel 1511 riportò la notizia in questo modo: «Ad Amalfi, in Campania, fu inventato l’uso della calamita, da Flavio si dice» («Amalphi in Campania veteri magnetis usus inventus, a Flavio traditur»). Lo scrittore intendeva dire: «Flavio dice che» ponendo una virgola dopo “inventus”. Invece chi riportò successivamente la notizia spostò la virgola, modificando radicalmente il significato: «Ad Amalfi, in Campania, fu inventato l’uso della calamita da Flavio, si dice», intendendo dunque che Flavio (Biondo) avesse inventato la bussola. Per la stravaganza poi di uno storico napoletano, Scipione Mazzella, Flavio sarebbe nato a Gioia in Puglia, ma avrebbe inventato la bussola ad Amalfi, in Campania.
Ad Amalfi, fino a non molti anni fa, c’era ancora il monumento a Flavio Gioia, «l’inventore della bussola», in realtà mai esistito, nato per l’errore di una virgola!
|